Non profit

Terzo settore. Al via la “Cernobbio” del sociale. Bertinoro, chi rappresenta chi

La quinta edizione delle Giornate mettono sul tavolo un tema cruciale. Quale rappresentanze progettare per il sociale?

di Sara De Carli

B ertinoro anno quinto. La Cernobbio del sociale arriva ad affrontare uno snodo cruciale, in un momento cruciale. Il tema messo sul tavolo infatti è uno di quelli su cui gioca il futuro del terzo settore: la rappresentanza. E il momento è delicatissimo, con l?anno elettorale alle porte e alcune leggi – impresa sociale in testa- in fase di decollo. Il confronto, come nello stile di Bertinoro, avviene tra chi pensa e chi agisce. Le relazioni introduttive sono affidate a Stefano Zamagni, patron e fondatore delle Giornate, ad Aldo Bonomi e ad Enzo Rullani. Dai segnali lanciati si sa che tutti e tre sono intenzionati ad affrontare tutti i nodi senza reticenze. E chi agisce, come si prepara al confronto? «Credo sia importante coniugare la riflessione teorica e culturale con la fatica dell?esperienza», avvisa Edoardo Patriarca, portavoce del Forum. «è importante individuare i nodi della questione ma anche i punti di forza: se a Bertinoro riusciremo a farlo, verranno fuori delle cose interessanti. L?esperienza del Forum ha i suoi limiti e le sue fatiche, ma non svalutiamola, perché a mio avviso è il laboratorio di costruzione della rappresentanza. E la rappresentanza a livello locale non può non essere politica, ma nel senso più pieno». E i rapporti con la politica? «Non nascondiamoci. A livello locale, per esempio, la rappresentanza non può non essere politica, ma nel senso più pieno. La politica oggi non la fanno solo i partiti, ma anche chi è portatore di bisogni, di speranze, di una capacità di lettura che le istituzioni non hanno. Certo in autonomia, non in modo collaterale ai partiti, perché ogni forma di collateralismo è un depotenziamento della politica. Dall?incontro tra autonomie, invece, possono emergere nuove politiche e nuove forme di partecipazione». Per Giuliano Poletti, presidente di Legacoop, il nodo cruciale è quello delle diversità: «È il dato di partenza di questo mondo. E, a mio avviso, è un bene prezioso. La diversità è figlia dei precisi obiettivi che ogni soggetto si pone, agendo di conseguenza in maniera differente a partire dai bisogni a cui intende rispondere. Ora come trovare quell?orizzonte comune per dar vita a una efficace e vera rappresentanza? Questi soggetti pensano in modo molto simile perché si rifanno a un sistema di valori comune, che richiama la democrazia, la valorizzazione dell?individuo, la solidarietà, il forte radicamento nel territorio». Quindi? «Il rischio è di produrre sedi dove si fanno solo dibattiti. Abbiamo bisogno di meccanismi democratici ed efficienti: non possiamo pensare che la unanimità di consensi sia la condizione per agire». «D?accordo, ma attenzione a evitare progettazioni a tavolino talvolta un po? paternalistiche e di attuazione improbabile», avverte Vincenzo Mannino, che a Bertinoro rappresenterà Confcooperative. «Sappiamo bene che in Italia gli assetti della rappresentanza sia dell?associazionismo imprenditoriale sia dei lavoratori sono stabili e durevoli». Mannino poi sottolinea un caso per lui emblematico di ?complicazione? delle rappresentanze. «In altri Paesi europei, la nozione di cooperazione sociale comprende tutta la cooperazione. In Italia invece si usa l?espressione in modo da comprendere una parte della cooperazione ed escluderne altre. È probabile che il risultato sia quello di complicare la maturazione di nuovi assetti. Info: AICCON


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